Workshop. Luoghi e narrazioni. Il senso del viaggio e la filiera del sapore

Dall’autrice di “Quoquo. La gola come ipertesto” e di “Quoquo.Come le api al miele”: come comunicare  e raccontare il sapore dei luoghi  Come costruire itinerari personalizzati e di qualità a misura del viaggiatore

©moscaraassociati

 

COSA E’ IL SENSO DEL VIAGGIO

di Titti Pece

Lecce città chiesa e città dolce – Illustrazione originale,autore Giancarlo Moscara- ©Edizioni Moscara Associatii

Cominciamo con un piccolo enigma

Siamo nel Salento e siamo a tavola.

♦ Nel piatto troviamo una frisa al pomodoro (se ci va bene; altrimenti potremmo trovare briciole di frisa scomposta con riduzione di pomodoro)

Un cibo arcaico con un condimento così moderno? E come si mangiava la frisa quando non c’era il pomodoro?[1]

♦ Ciceri e tria: una pasta e ceci. Ma questa parola “tria “? ♦ E perché i salentini chamano ciceri e tria anche un fiore ?

♦ Una pitta di patate: strano trasferimento di un gattò aristocratico nel cuore della cucina contadina; ma che vuol dire “pitta”? E da dove viene, dove nasce questa parola?

♦ Una minestra di triddhi: qualche lontana somiglianza con il couscous?

Cerchiamo delle risposte per dare un altro senso al nostro pranzo.   Questo altro senso è il senso del viaggio

Primo indizio    

“Sotto il sole-giaguaro” è un bellissimo racconto di Italo Calvino ed è dedicato al “sapore”

Sotto “la luna dei Borboni” è invece una raccolta di poesie di un grande poeta del ‘900, Vittorio Bodini, cantore dell’anima del Salento e dei Salentini. Come tutti gli intellettuali del tempo frequentatore di osterie (le putee o putecke di una volta); innamorato anche lui di polpette, come tutti gli uomini del sud.

Comincio da Italo Calvino

“il vero viaggio in quanto introiezione di un ‘fuori’ diverso dal nostro abituale, implica un cambiamento totale dell’alimentazione, un inghiottire il paese visitato, nella sua fauna e flora e nella sua cultura (non solo le diverse pratiche della cucina e del condimento, ma l’uso dei diversi strumenti con cui si schiaccia la farina o si rimesta il paiolo), facendolo passare per le labbra e l’esofago. Questo è il solo modo di viaggiare che abbia un senso oggigiorno, quando tutto ciò che è visibile lo puoi vedere anche alla televisione senza muoverti dalla tua poltrona”

E continua così lo scrittore

“ E non si obietti che lo stesso risultato si ha a frequentare i ristoranti esotici delle nostre metropoli: essi falsano talmente la realtà delle cucine cui pretendono di richamarsi, che dal punto di vista dell’esperienza conoscitiva che se ne può trarre, equivalgono non a un documentario ma a una ricostruzione ambientale filmata in uno studio cinematografico”

 

E poi c’è un poeta. Un poeta del Sud.  Secondo indizio 

Vittorio Bodini

E c’è

“Un campanile di sughero

Verso i capelli corti della luna

Ghiotta d’angurie”

E un

“Autunno pescatore d’aragoste”

E

“I piatti di conserva sulle terrazze”

E lui,

“Come un polpo sbattuto”

E POI   c’è un paese che si chiama Cocumola

“Un paese che si chiama Cocumola

è come avere le mani sporche di farina

(…)

Il tabacco è a seccare,

e la vita Cocumola fra le pentole

dove donne pennute assaggiano il brodo”

E dunque?

Dunque. Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova: ci ha insegnato Agatha Christie

Il terzo indizio 

Il terzo indizio è nel risotto alla milanese di Carlo Emilio Gadda: senza di lui quel risotto non sarebbe forse mai diventato ‘piatti identitario’

ALTRI INDIZI

I primi tre indizi sono stati trovati indagando nel campo della letteratura (un campo in cui di indizi ce ne sono tanti altri)

Se dovessi condurre una lezioene sui Beni Culturali Enogastronomici la comincerei così

Ma questa non è proprio una lezione sui Beni Culturali enogastronomici. Quindi devo cominciare da un’altra parte

Vediamo….

 indizio 4

Nel Salento gli angeli hanno dolci mammelle

Nella chiesa di Santa Croce, a Lecce (fotografia di Marcello Moscara)

Indizio  5

La parola sapore è al femminile e si dice la sapore

 

 

 

Indizio 6

Cosa dice un grande chef delle nouvelle cuisine che conosciamo come innamorato delle cucine mediterranee?

Dice che

“nella cucina di un grande popolo si scopre sempre un’associazione tra la natura e la

memoria” (Aalin Ducasse)

E dice che

” Certo, si può sempre mettere dell’olio di oliva o un pò di basilica in una salsa alla crema. Ma in questo modo si compie semplicemente un gesto.Non si integra così l’essenza di una cucina.Ci vuole più tempo. Il tempo necessario per assimilare la cultura annessa. Non è appropriandosi dei suoi prodotti di base che si fa una cucina mediterranea.Bsogna anche scoprirne lo spirito. Il quale risiede nella semplicità di una tradizione matriarcale.”

 

Questi indizi ci danno la chiave di accesso nella  nostra  Cucina della taranta                                   dove…..

Dove scegliamo il percorso in cui addentrarci  per costruire il nostro senso del viaggio

Ora che abbiamo raccolto alcuni indizi ci servirà un filo d’Arianna o meglio il filo di un ragno.  Così se cerchi un filo di inizio di un racconto in cucina cercalo anche tra le parole che danno il nome alle pietanze

Ed ecco per esempio alcune parole che ora ritroviamo nel piatto

Pitta     Tria     Triddhi       Faldacchiera …   Da dove vengono – cosa indicano- dove vanno – cosa sanno dirci che ancora noi non sappiamo –

Queste parole potranno essere un ottimo punto di partenza  per costruire la filiera del sapore che ci dovrà condurre al senso del viaggio: ma avremo bisogno di un metodo e questo metodo potrebbero essere alcune MAPPE

LE  MAPPE SU CUI COSTRUIRE LA FILEIRA DEL SAPORE  COSTITUISCONO  IL TEMA  DEL NOSTRO WORKSHOP

Il programma del workshop in tre step o sezioni:

  • sezione teorica: –  con lo sviluppo di due temi: 1) lo spostamento del punto di vista  dal prodotto tipico e della tradizione al  concetto  e nuovo punto di vista di Bene Culturale Enogastronomco;  2) Il percorso che conduce al VALORE è anche quello che conosce e speriemnta la differenza  e la distanza tra gusto e sapore
  • una sezione pratica: la costruzione delle mappe  e la loro applicazione su alcuni archetipi   su cui si fonda l’identità della cucina pugliese e salentina
  • una sezione laboratoriale.  Il sapore tra cultura materiale e patrimonio immateriale- il piatto, il viaggio e la sua nuova narrazione- 

 Nota

Questo articolo  riassume il contenuto  di due workshop  tenuti da Titti Pece  a BTM Puglia 2017- Sezione BTM Gusto:

Titoli  workshop

  • La cultura gastronomica patrimonio dei luoghi e risorsa turistica
  • Il Salento si gusta a strati. Vi racconto di che pasta siamo fatti qui

 

      L’autore Titti Pece

Art & Food Advisor, Titti Pece è project manager dello Studio Moscara Officine Creative- In materia di  cucine  e gastronomie ha anche sviluppato itinerari e ha creato e gestisce  il concept e il sito  del QuoquoMuseo del Gusto  e il blog  Il  cinegastronauta , dedicato al tema del cibo nel cinema d’autore.

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Ha creato i marchi e i progetti Parco Salento  e La Cucina della Taranta

                             

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